Con il passare del tempo la tecnologia è divenuta una parte sempre più integrante della quotidianità dell’uomo. In certi casi si è rivelata addirittura fondamentale, specialmente in ambito medico-scientifico, dove ha dato prova di poter svolgere azioni dapprima impensabili o superare ostacoli all’apparenza insormontabili. Eppure, in molti sono ancora piuttosto scettici a riguardo. C’è chi ritiene che stia prendendo troppo il sopravvento e chi sostiene che stia modificando in maniera negativa la vita degli esseri umani. Sta di fatto, però, che questa può essere realmente di aiuto, più di quanto si è comunemente portati a pensare. Ne sa qualcosa Antonino Piccione, dipendente di una multinazionale svizzera e aspirante imprenditore digitale che, al momento, è impegnato nella realizzazione di un’app di sostegno per gli individui affetti da Sindrome di Alport.
Antonino Piccione e quel suo “personale miracolo” al servizio del prossimo
Identificata per la prima volta dal dottor Arthur Cecil Alport nel 1927, la Sindrome di Alport è una condizione genetica caratterizzata dalla progressiva perdita di funzione renale, uditiva e ottica, e legata alla comparsa di sangue nelle urine. Si tratta di una patologia ereditaria causata da un difetto del collagene di tipo IV, un materiale strutturale necessario per la normale funzionalità di diverse parti del corpo (il che spiega perché colpisce aree apparentemente non correlate). Una malattia della quale, purtroppo, si conosce ancora poco e che ha colpito la madre e altri membri della famiglia di Antonino Piccione. Ciò nonostante, caso estremamente raro, il giovane non ha mai mostrato alcun tipo di sintomo. Al contrario, gode di ottima salute.
Proprio per questo, ha deciso di lavorare allo sviluppo di un’applicazione specifica che possa aiutare tutti coloro in cui il morbo è stato riscontrato, mettendo a disposizione del prossimo il suo “personale miracolo” nonché la sua esperienza. Nello specifico, il progetto si prefigge come scopo quello di fornire supporto a distanza non solo a chi ha la Sindrome, ma a chiunque ne abbia bisogno, creando collegamenti tra utenti e luoghi di ritrovo virtuali atti anche a sensibilizzare quante più persone possibili sull’argomento. Il tutto, senza dover ricorrere ad automatismi e intelligenze artificiali che, spesso e volentieri, portano all’isolamento e/o all’emarginazione.
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