in

BCE, la nuova politica monetaria è green

Il cambiamento climatico sta accelerando, ma le banche finanziano ancora i combustibili fossili

 

La nuova strategia di politica monetaria presentata dalla BCE in luglio è il risultato di un’approfondita revisione avviata nel gennaio 2020. Anzitutto, la nuova strategia, con l’intento di mantenere la stabilità dei prezzi, adotta un obiettivo di inflazione simmetrica del 2% nel medio termine. La simmetria implica una maggiore flessibilità della politica monetaria, con un’inflazione anche al di sopra del 2%, per un certo periodo di tempo, purché riesca a centrare l’obiettivo nel medio termine.

Il Consiglio direttivo conferma inoltre che l’IPCA Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato per i Paesi dell’Unione Europea (Harmonised Index of Consumer Prices) sviluppato già nel 1997 dall’Eurostat secondo una metodologia armonizzata tra i Paesi dell’Unione, rimane una misura adeguata, salvo introdurre anche la variazione di valore delle abitazioni di proprietà.

Ma la grande novità è che il Consiglio direttivo ha approvato un ambizioso piano d’azione sul cambiamento climatico con una serie di interventi dal 2022 in avanti. Si tratta di introdurre nuovi indicatori sugli strumenti finanziari green, fino a condizionare l’ammissibilità degli asset che la BCE potrà acquistare nell’ambito delle sue operazioni.

Ciononostante, ancora qualcosa va migliorato.

BCE. Passo positivo

La nuova politica monetaria della Banca centrale europea è un passo positivo. Ma ha bisogno di maggiore determinazione nell’affrontare il problema climatico, secondo quanto sostengono attivisti ambientali ed economisti europei. Già nel luglio stesso hanno pubblicato un appello su www.euractiv.com . Fra loro anche membri del Parlamento europeo e di ONG coordinati dall’eurodeputata Marie Toussaint.

Del resto è ben noto a tutti che il cambiamento climatico sta accelerando. I risultati preliminari dell’IPCC — Intergovernmental Panel on Climate Change  lanciano l’allarme sullo stato estremamente preoccupante del nostro clima. Anzi evidenziano che l’umanità non è attualmente attrezzata per affrontare le crescenti conseguenze dell’aumento delle temperature globali. Se questo vale per la società nel suo complesso, vale anche per il sistema finanziario.

Uno studio pubblicato di recente da diverse Ong dà una visione imprevista della situazione. Le 11 maggiori banche europee hanno più di 530 miliardi di euro di asset legati ai combustibili fossili (carbone, petrolio e gas). 530 miliardi di euro rappresentano circa il 95% del patrimonio di queste banche. Un vero paradosso. Invece di ridurre la loro dipendenza dai combustibili fossili, le banche dell’UE hanno aumentato il loro sostegno al settore tra il 2016 e il 2020.

Tuttavia, se vogliamo limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, dobbiamo lasciare almeno l’80% dei combustibili fossili nel sottosuolo e ridurre la produzione di combustibili fossili del 6% all’anno tra il 2020 e il 2030.

La transizione energetica

Secondo il gruppo di economisti coordinati dall’eurodeputata Marie Toussaint, i beni che le banche accumulano attraverso il finanziamento di combustibili fossili distruttivi per il clima sono sia in contrasto con la transizione energetica sia destinati a perdere valore man mano che il cambiamento accelera. Purtroppo la minaccia rappresentata dalle banche dipendenti dai combustibili fossili è reale e potrebbe rallentare l’intera transizione ecologica.

La crisi finanziaria globale del 2008 e gli anni di crisi economica e sociale che ne sono seguiti avrebbero dovuto essere di monito, ma i crescenti rischi che gli asset dei combustibili fossili rappresentano per le banche europee dimostrano che non abbiamo imparato la lezione.

Ci limitiamo a una regolamentazione “soft touch” e non vincolante, anche se le istituzioni finanziarie continuano a privilegiare il profitto a scapito del pianeta e della stabilità. La BCE ne ha dato un esempio lampante quando ha riconosciuto che il 90% delle banche non è in linea con le sue aspettative sui rischi climatici e ambientali.

Ma la stessa BCE storicamente non ha dato il buon esempio. Pur riconoscendo che il cambiamento climatico rappresenta un rischio sistemico e che questo rischio è più acuto per “banche i cui portafogli sono concentrati in determinati settori economici”, ha a lungo sostenuto le società di combustibili fossili attraverso gli acquisti di attività e collateral framework (garanzie).

Attenendosi a un approccio teoricamente neutrale, la banca ha contribuito invece a perpetuare gli investimenti in attività inquinanti, lavorando così contro gli obiettivi climatici dell’Unione europea e aumentando i rischi finanziari per il suo portafoglio stesso.

La nuova strategia di politica monetaria

In questo contesto, la nuova strategia di politica monetaria della BCE pubblicata in luglio – la prima in quasi vent’anni – è un’opportunità senza precedenti per correggere questi errori e riconoscere le preoccupazioni di oltre 170.000 cittadini che hanno invitato la banca a intraprendere azioni concrete per il clima.

In effetti, la strategia della BCE invia un segnale molto positivo. Riconosce la necessità di integrare le considerazioni sul clima nelle sue politiche e indica a tutte le istituzioni finanziarie che il cambiamento climatico non può più essere ignorato.

Tuttavia, finora il pacchetto di proposte non taglia il sostegno alle aziende le cui attività sono in contrasto con gli obiettivi climatici dell’UE, né affronta l’alto livello di rischio associato alle attività che detiene , né proporre concretamente misure che aiuterebbero l’UE a raggiungere i suoi obiettivi climatici.

Inoltre, la tempistica di attuazione prevista suggerisce che queste misure avranno un impatto minimo o nullo per diversi anni, ignorando così l’urgenza dell’emergenza climatica.

La BCE deve andare oltre

il gruppo di economisti coordinati dall’eurodeputata Marie Toussaint chiede pertanto alla BCE di andare oltre e di sfruttare appieno l’opportunità offerta dalla sua nuova strategia per garantire che la banca interrompa immediatamente qualsiasi sostegno diretto o indiretto alle società che sviluppano combustibili fossili, in particolare escludendo queste società dal proprio quadro di acquisti di asset aziendali e garanzie.

Anzi, dovrebbe contribuire, nell’ambito del suo mandato, alla transizione “net zero” dell’UE, anche conducendo specifiche operazioni di rifinanziamento per attività con importanti benefici ambientali.

Paolo Brambilla

Scritto da Paolo Brambilla

Paolo Brambilla, bocconiano, ha seguito il mondo economico-finanziario per molti anni. Scrive di finanza, cultura e innovazione digitale su varie testate. E' direttore responsabile di Investopro.com e dirige l’Agenzia di stampa Trendiest Media www.trendiest-news.com. E' editor in chief di www.assodigitale.it

I Faraglioni si illuminano di rosa

can yaman premiato a venezia

Can Yaman premiato a Venezia: arriva la consacrazione per l’attore turco