Come un cane può salvarti la vita
Per gli amanti degli animali, non è inusuale il pensiero che il proprio pelosetto, in particolare il proprio cane, rappresenti una sorta di salvezza.
Che si tratti di un periodo particolarmente triste, fra rabbie, ansie, malesseri esistenziali, mancanze e stress, gli animali sono terapeutici. Inoltre, è stato comprovato da schiere di psicologi l’impatto positivo della loro presenza sulle sindromi depressive conseguenze della pandemia.
Ma se fosse realmente in grado di percepire alcune patologie?
Dopo dieci anni dalla prima pubblicazione dello studio inglese sulla potenziale abilità canina di diagnosticare neoplasie, sono aumentate le ricerche fra correlazione olfatto canino e percezione di un’eventuale patologia.
In aggiunta a questo, studi comparati fra veterinaria e medicina hanno ottenuto risultati eccellenti sull’evoluzione delle malattie in uomini e animali. Ne è un esempio lampante la tipologia di coronavirus, di cui, ad esempio, i gatti sono portatori “sani”, al contrario degli uomini.
Quando il primo diagnosta è il cane
Nello specifico, il primo caso salito alle cronache risale a circa 25 anni, quando il “Lancet” decise di pubblicare la storia di una donna il cui cane continuava insistentemente ad annusarle un’abrasione su una gamba, che poi risultò un melanoma.
Successivamente, un labrador mostrò un atteggiamento anomalo verso la gamba del proprietario. Questi aveva un non ben chiaro eczema, ma grazie all’animale, si rivelò essere un tumore maligno.
Nonostante le reticenze iniziali, sulla base della curiosità destata da questi casi, iniziarono test scientifici nel mondo medico. Il primo, pubblicato nel 2004 in Inghilterra evidenziava la caratteristica olfattiva del cane di diagnosticare precocemente i tumori.
Cane amico e assistente medico
A seguire, nascono istituti di addestramento specifico per cani di assistenza, in grado di percepire i sintomi e soccorrere il paziente al quale sono affidati, come la fondazione inglese Medical Detection Dogs. da parte di John Church, lo stesso medico che studiò la capacità olfattiva del cane di percepire sostanze potenzialmente in grado di scatenare una forte reazione allergica nei pazienti diabetici.
Ed è qui che il cane non è più solamente un amico, bensì un fedele assistente medico. Cancro ovarico, a colon, vescica e prostata sono fra le malattie più ardue da scovare precocemente, eppure risultano fra le più fiutate dai cani.
Un grande contributo nella ricerca e nelle potenzialità canine ad uso di prevenzione è del medico italiano Gianluigi Taverna, primario di urologia italiano dell’Humanitas di Milano.
Lì, fra l’altro, si trova il distaccamento italiano dei Medical Detection Dogs, che collabora con il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università Statale di Milano.
In considerazione del rilascio di biomarker tumorali, Taverna, grazie ai cani della MDDI Onlus, ha ottenuto importanti risultati in un esperimento effettuato presso il centro veterinario di Grosseto.
I quadrupedi hanno fiutato, nel 98% dei ben 900 casi, le urine dei pazienti affetti da tumore prostatico. Di conseguenza, pur con cautela e leggero margine di errore, è evidente quanto questo metodo offra grandi speranze in campo biomedico.
Più di recente, la sua ricerca si è spostata sull’identificazione da parte del cane delle neoplasie ai polmoni, nuovamente attraverso il fiuto delle urine.
Il più recente, grande sforzo è stato costantemente fatto fin dall’inizio del periodo della pandemia, con uno specifico addestramento per il riconoscimento del Covid-19.
I “Bio Detection Dogs”
Il progetto “Medical Bio Detection Dogs” prevede di sfruttare l’olfatto del cane, già esperto nel riconoscimento di malattie metaboliche, e migliorare la ricerca di potenziali infezioni, sulla base degli agenti patogeni emessi tramite odori, a loro volta veicolati dai VOCs (composti organici volatili), giungendo a un metodo di prevenzione di massa non invasivo, rapido e di enorme utilità, non esclusivamente correlato al Coronavirus, con un’impronta verso le future infezioni virali e batteriologiche.
Il processo di riconoscimento è strutturato in tre fasi: rilevamento su campioni, a seguire quello sulle persone, infine preparazione delle unità cinofile.
Quest’ultima è la fase più importante, in quanto consente di effettuare screening su più persone, in luoghi pubblici come supermercati, aeroporti, scuole e RSA, dove i cani fanno visita frequentemente per stimolare le reazioni emotive degli anziani più fragili.
Non a caso, a fornire i campioni per lo studio sul Covid-19 è il Professor Galli, virologo dell’Ospedale Sacco, che chiede di supportare ulteriormente l’Associazione perché operi su scala più ampia (teatri, mezzi pubblici, etc…).
Malgrado questo lodevole progetto richieda finanziamenti costanti, il supporto di tesi scientifiche internazionali, specialmente tedesche, sul riconoscimento olfattivo canino del virus, fa sì che proceda.
In Inghilterra, il Governo ha elogiato e finanzia pubblicamente l’operato di MDD. Durante le giornate di sensibilizzazione, il centro ha ricevuto la gradita visita della Duchessa di Cornovaglia Camilla Parker Bowles.
Un cane per ogni necessità
Di prassi, i cani coinvolti, sono di proprietà, e hanno già seguito percorsi di apprendimento sulla discriminazione olfattiva, egualmente utilizzati dai cani antidroga, soccorritori, addetti a ricerca esplosivi e molecolari.
Le tempistiche del percorso durano da qualche settimana, per scindere gli odori su campioni, a mesi per il passaggio alle persone. Il tutto unito al gioco, necessario per qualsiasi comando impartito all’animale.
Un team bestiale, per la serie cane eccezionale
Nel team italiano di MDDI, diretto da Sara e dal celebre educatore Aldo La Spina, ci sono alcuni straordinari cani, protagonisti di storie altrettanto straordinarie:
- Bloom, una cucciolona di pastore malinois, che ha percepito il tumore polmonare della proprietaria Giulia
- Dixie, 8 anni, malinois come l’amica
- Rita, dobermann di 4 anni
- Lola, “labrador che si sente docente come il suo umano”
- Helix, trovatella mix segugio.
- Nala, un’altra meravigliosa malinois
- Otto, bassottino che, come gli altri, si allena, divertendosi, un paio di volte a settimana, ed è testimonial della campagna di studio in merito al Covid-19.
Aiutando i padroni, tutti loro, grazie al sussidio di Fondazione Cariplo, hanno contribuito agli studi sul carcinoma dell’Istituto Europeo di Oncologia e di Veterinaria dell’Unimi, spostata a Lodi, in una sede avveniristica, nonché ospedale veterinario didattico disegnato dal celebre architetto giapponese Kengo Kuma.
Analogamente, per riprendere quanto già accennato, le abilità olfattive dei cani spaziano e “scovano” anche altre problematiche, non esclusivamente legate ad agenti tumorali; sono di supporto per le persone affette da diabete, insufficienza glicemica o potenziale reazione allergica (merito del buon Church). Inoltre, aiutano in presenza di disfunzioni metaboliche e ormonali; alcuni di essi colgono addirittura alterazioni chimiche tali da anticipare convulsioni e crisi epilettiche. Nondimeno, molti di loro distinguono con anticipo un abbassamento di serotonina che caratterizza picchi di emicranie croniche. Innumerevoli, non solo cani, gli animali in grado di appoggiare il muso per annusare i “pancioni” delle gestanti.
Per esperienza personale, i cani sono capaci di “sentire“, in modo del tutto empatico, eventuali attacchi di panico e ansia, fornendo un supporto emotivo. Sfortunatamente in Italia questa figura è ancora lontana dall’ottenere il giusto riconoscimento di “service dog” come all’estero.
Non solo cani: i topolini fra mine e TBC
Riassumendo, fra i “non umani” utilizzati nel campo medico non ci sono solo cani.
L’associazione belga non governativa Apopo (Développement d’un produit de détection anti-mines terrestres) ha avviato un programma di addestramento di topi per fiutare la presenza di bombe e di malattie nei Paesi più poveri del mondo, in particolare la tubercolosi.
I ratti giganti della specie Cricetomys gambianus sono addestrati e abituati a scovare l’odore, impercettibile per l’uomo, della TBC.
Per aiutarli, i medici depositano la saliva dei pazienti in griglie e i roditori si spostano verso quelle contenenti campioni risultati positivi alla malattia anche nei test.
Questa tecnica a basso costo, una volta compreso il compito dall’animale, permette in Paesi come la Tanzania di isolare con maggior riprova gli infetti. L’addestramento dura circa nove mesi, e il test finale prevede il riconoscimento di almeno 7 degli 8 campioni positivi su 30 totali.
In altre parole, permette di bypassare quel 40% di test falsati, percentuale drasticamente ridotta al 20% in conseguenza alla doppia presenza di TBC e HIV in più pazienti.
Già nel 2017, questo aveva permesso di identificare più di dodicimila casi positivi e prevenire la diffusione batterica di una delle malattie più letali al mondo in ben novantamila persone.
Pionieri di questo utilizzo sono stati proprio gli studiosi della Tanzania, con l’aiuto del ratto Charlie, caratteristico della zona sub-Sahariana, addestrato fra placche di metallo, buchi aperti e richiusi, a muoversi perfettamente e riconoscere la presenza di mine sotto di lui.
I topolini eroi
Li chiamano “Hero Rats“, i topi eroi, impegnati, ancor prima che in medicina, fra Tanzania (partendo da Morogoro), Mozambico, Angola, Cambogia e Thailandia, nei campi minati . Essi hanno imparato, per associazione, che ad un clic conseguiva un premio per ogni uovo intriso dell’odore della dinamite identificato. Grazie alla Onlus che li ha istruiti, in circa vent’anni hanno contribuito ad eliminare quasi centotrentamila mine anti-uomo.
Impieghi diversi, uguale dedizione verso l’uomo
Per concludere, oltre agli aiuti animali nelle missioni militari e di servizio, ad affiancare i preziosi risultati medici ci sono numerose applicazioni di animali a supporto umano. Ciò si evidenzia nel caso di disabilità, recupero psicofisico di giovani in difficoltà, sostegno e parziale riattivazione di stimoli sensoriale in pazienti, sopratutto anziani, affetti da morbo di Parkinson, malati di neoplasie, pazienti affetti da disturbo dello spettro autistico. Primeggiano la pet-therapy, particolarmente efficace sui più piccoli, e l’ippoterapia. Non a caso, molti ospedali di eco internazionale si sono adeguati accogliere scuderie interne (come il Niguarda di Milano) o pony in corsia (Buzzi).
La sfacciata fortuna umana di avere accanto un animale
Con l’auspicio di maggiore considerazione e coscienza, e manifestando le nostra contrarietà all’abbandono (è un reato!), esortiamo ad indignarci per la frase “è solo un animale”.
Ribadiamo:
Ogni animale è un essere speciale, nonché essenziale. E la vita, eccome, se te la può salvare!
A cura di Veronica Fino