In questi ultimi 10 anni sono state chiuse in Europa 14 raffinerie e altre 15 circa stanno per chiudere i battenti. E’ evidente che il settore della raffinazione in Europa è in forte crisi, ma la situazione peggiore è in Italia, che si trova orma i da parecchi anni in un vicolo cieco. Tra il calo delle esportazioni e riconversione degli impianti in costante perdita, l’Italia ha bisogno di una ristrutturazione radicale.
La concorrenza all’Europa rende difficile la ripresa
La stagnazione della domanda rende difficile la riconquista del mercato perduto. Un ruolo rilevante è la concorrenza degli operatori russi in prima linea e cinesi, sia per l’approvvigionamento che nella costruzione di impianti. Difficile immaginare un riposizionamento forte sugli attuali mercati in quanto
tutte le raffinerie italiane sono a rischio sopravvivenza e con esse tanti posti di lavoro. La raffinazione ha finora avuto un valore strategico in termini di occupazione diretto e indotto di ca. 550.000 posti di lavoro e la chiusura di un solo impianto e sinonimo di perdita di occupazione e di competitività per l’economia italiana.
Regole più semplici
Al governo si chiedono regole più semplici possibili, regole ambientali in linea con gli altri Paesi e un quadro normativo di riferimento fermo e certo nel tempo. Il 2021 è stato un anno drammatico complice la crisi da Covid. Per motivi tecnici una raffineria non si può fermare ma può scendere al massimo al 70% della produzione. Le raffinerie italiane inoltre lavorano rispettando norme ambientali rigorose ed il petrolio che non raffiniamo noi viene raffinato in Paesi che non hanno questi vincoli.
Inoltre il futuro di LUKOIL , il colosso russo della raffinazione nel petrolchimico di Siracusa è molto incerto. L’azienda infatti entro due anni potrebbe andare via a causa del piano di riconversione energetica che non prevede aiuti per la raffinazione, soprattutto se l’Occidente dovesse decidere di imprimere un giro di vite all’economia russa.
L’ Europa e l’Italia, nel piano di transizione energetica, hanno di fatto tagliato il petrolio: a partire dal 2035 saranno bandite la vendita di veicoli alimentati a benzina e/o a diesel. Nel petrolchimico di Siracusa non c’è solo la LUKOIL , l’azienda è infatti interconnessa con altri grandi gruppi tra cui l’ ENI. Dopo aver sondato le possibilità in Africa ( Algeria, Congo e Angola, Mozambico ) da parte di Draghi, di Maio e Cingolani, ribattezzato il “ tour del gas” resta al centro dell’azione del Governo, e il resto da altri paesi come l’Egitto e Qatar, tenendo conto che entro l’inverno bisognerà riempire gli stoccaggi per i mesi freddi e liberarsi in 2-3 anni dalla dipendenza della Russia.
Anche l’ America ha proposto di dirottare verso l’Europa un quantitativo di gas naturale liquefatto sufficiente ad aiutare l’Europa a ricostituire le sue scorte a livelli di sicurezza prima del prossimo inverno, ma che probabilmente non saranno in grado di limitare la crescita dei prezzi del gas.