Gli esclusi. Jean Hansen (Judy Garland) è una donna di oltre quarant’anni che non ha avuto figli e ha un matrimonio fallito alle spalle. Provata dai dolori della vita, trova tramite un’amica un lavoro come insegnante di musica in un istituto. La struttura ospita bambini speciali con disturbi fisici e cognitivi, ed è gestita da una equipe di dottori e infermiere. Il capo della struttura, il dott. Matthew Clark (Burt Lancaster) mette in guarda la donna dalle difficoltà che dovrà affrontare trattandosi di ragazzini con grandi disabilità. Ma Jean, bisognosa di un cambiamento nella sua vita, accetta senza riserve e senza remore il post. E così, inizia a fare un percorso di conoscenza degli alunni.
Rimane colpita da un bambino apparentemente ‘normale’ di dodici anni di nome Reuben Widdicombe (Bruce Ritchey). Jean si affeziona particolarmente a lui e passa molto del suo tempo cercando un canale di comunicazione con il ragazzino, che tende a chiudersi in un mutismo selettivo. Ogni mercoledì, gli ospiti dell’istituto hanno la possibilità di incontrare i propri cari e passare un po’ di tempo con loro. Tutti tranne il piccolo Reuben, che aspetta da anni l’arrivo dei genitori. Puntualmente, però, questi non si presentano all’appuntamento, facendolo soffrire molto. Per questo motivo, Jean si lega ancor di più a lui e cerca di fargli sentire tutto il calore e l’amore di cui avrebbe bisogno. Disposta a farsi carico del suo dolore, l’insegnante cerca più volte di mettersi in contatto con la famiglia, andando contro il protocollo della clinica. Intanto Reuben continua ogni mercoledì ad aspettare di vedere il viso di sua madre.
Gli esclusi, una perla del cinema da non dimenticare
John Cassavetes, istrionico e irriverente ma sempre affascinante, in questa pellicola delicata e dai temi forti, riveste il ruolo per la terza volta di regista. Egli dirige quindi sé stesso, affidando la parte del padre di Reuben all’attore Steven Hill (Ted nel film), la moglie Musa, Gena Rowlands (nei panni della madre Sophie) e la Garland inserendoli una cornice narrativa complessa e oltremodo drammatica. Nell’America fintamente perbenista degli anni Sessanta, Gli esclusi rappresenta l’urlo delle problematiche medico-sanitarie connesse con il mondo dell’infanzia abbandonata e lasciata allo stato brado solo perché rea di essere ‘diversa’, imperfetta o con più o meno gravi forme di disabilità.
Il ruolo difficile della famiglia perfetta che si sfalda dopo aver negato fino all’ultimo la disabilità del proprio figlio è descritta da Cassavetes con una durezza e allo stesso tempo con una lucidità perversa mettendo in risalto il dolore della madre che non vuole accettare le evidenti difficoltà del figlio e di un padre che alla fine lo abbandona, impotente, come un giocattolo difettoso, rotto, nella scuola per bambini speciali. Judy Garland, torna al cinema dopo il crudissimo film Vincitori e vinti (Judgement at Nurimberg, 1961) di Kramer per il quale lo sceneggiatore di questo film, Abby Mann, vinse il Premio Oscar. La Garland si rivela un’attrice drammatica perfettamente nella parte. Nelle pieghe del viso dell’attrice, si intravedono le stesse sofferenze dei bambini della scuola.
Il suo legarsi al piccolo Reuben è solo la punta di un iceberg ancora più grande e profondo. Burt Lancaster fa da contraltare all’attrice cercando di bilanciare il tutto senza però avere la stessa onesta empatia che la Garland mostra per tutta la durata del film. Gli esclusi rimane un film difficile da digerire ma che va analizzato e rivisito non tanto con gli occhi del critico cinematografico o dello storico di film ma con quelli di un neofita che forse per la prima volta e senza alcuna forma di pregiudizio, prova a mettersi nei panni di tutti quei bambini bisognosi solo di amore e di comprensione che sono in finale i veri protagonisti del film.
E voi come vi sentireste ad essere per una volta ‘gli esclusi’ della Società?
Buona visione.