Il giglio nero (1956). Rhoda (Patty McCormack) è una bambina di otto anni figlia di Christine (Nancy Kelly) e del colonnello Kenneth Penmark (William Hopper) sempre in viaggio per lavoro. Occhi azzurri, capelli biondi raccolti in trecce perfette e l’abito sempre curato. Bambina deliziosa ed educata, Rhoda trascorre il suo tempo a suonare il pianoforte o a ballare il tip tap. La madre è una donna serena ed equilibrata e molto affezionata alla ragazzina. Tutto sembra andare bene all’interno della famiglia Penmark. I vicini, compresa la padrona di casa Monica (Evelyn Varden), sono legati alla piccola e rimangono sempre estasiati dai suoi modi e dalla sua costante eleganza.
Solo il tuttofare di famiglia, Leroy (Henry Jones), all’apparenza minorato mentale, percepisce qualcosa di distorto. Difatti, tenta spesso, ma senza successo, di stuzzicarla e di metterla in difficoltà. Ad un picnic organizzato dalla scuola privata della bimba, però, muore annegato accidentalmente il piccolo Claude Daigle.
Il giglio nero, una pellicola pregna di mistero
Le famiglie sono sconvolte. La madre del bambino, Eufemia (Eileen Heckart), non si dà pace. Un giorno, si presenta a casa di Christine, visibilmente ubriaca, per parlare con Rhoda e per chiederle informazioni sulla medaglietta che il figlio aveva vinto al posto della ragazzina e che lei tanto desiderava. L’ombra del dubbio inizia ad insinuarsi nella mente della donna e di Christine. Specialmente quando quest’ultima inizia a notare l’atteggiamento imperturbabile della figlia di fronte ad un evento così terribile. Cosa è successo veramente quel giorno al picnic sul lago? Perché Rhoda, dal linguaggio forbito e preciso, sembra incurante e affatto dispiaciuta della morte del suo compagno di classe? Può un bambino essere cattivo?
Numerose domande, a cui devono essere trovate delle risposte
Mervyn LeRoy (1900-1987), regista poliedrico vincitore di due Premi Oscar ad honorem (nel 1946 e nel 1976), si ispira alla pièce teatrale de Il seme cattivo del Premio Pulitzer Maxwell Anderson (1888-1959). Quest’ultima, a sua volta, è tratta dal romanzo omonimo dello scrittore americano William March (1893-1954). Da qui ne nasce un’opera cinematografica che oscilla tra il drammatico e l’horror grottesco.
I personaggi di LeRoy si muovono soprattutto negli interni della casa della madre della protagonista. Christine cerca di mascherare in tutti i modi le ansie, le angosce e i dubbi che la donna prova nei confronti della figlioletta tanto amata. Tanto perfetta quanto perfidamente costruita negli atteggiamenti. L’attrice Nancy Kelly regala allo spettatore un prisma di emozioni. Dalla calma e serenità iniziale fino ad arrivare al dispiacere, al terrore e all’odio verso la seconda parte del film. Può una madre arrivare ad odiare una figlia? Il vero protagonista, oltre alle due prime donne, è il senso di colpa. Per tutta la pellicola lo spettatore, consapevole del fatto che la piccola Rhoda non si mostri affatto angelica quanto sembra, diviene complice indiretto dei suoi comportamenti non consoni per una ragazzina della sua età.
A volte sembra però difficile prendere una posizione al riguardo. Questo proprio per la bravura con la quale la piccola riesce a celare il suo pensiero e a fingere di essere la figlia perfetta, bravissima a scuola e a casa, soprattutto in presenza degli adulti. Il regista gioca proprio a mostrare più del dovuto per dare la possibilità a chi guarda di decidere quali possibili vendette (fisiche o morali) siano possibilmente applicabili su un minore che si comporta (forse?) da serial killer consapevole.
Una pellicola pluripremiata
Il giglio nero riceverà quattro candidature ai Premi Oscar del 1957 elogiando la recitazione e l’interpretazione delle attrici del film e la bellissima fotografia in bianco e nero di Harold Rosson (1895-1988, Oscar onorario nel 1937). L’attrice Eileen Heckart vincerà un Golden Globe come migliore attrice non protagonista per il film per essere riuscita a portare sulla scena il dolore di una madre che perde l’unico figlio. Nelle poche scene in cui il personaggio di Eufemia è presente, tutta la sua disperazione, ovattata ma allo stesso tempo amplificata dall’alcol, si percepisce fortemente e lo spettatore non può fare altro che provare dispiacere ed empatia nei confronti di quella povera madre.
Interessante è anche l’analisi psicologica all’interno del film fatta a mo’ di confronto tra il padre (adottivo) di Christine, il famoso giornalista e scrittore di cronaca nera Richard Bravo (Paul Fix, 1901-1983) e il signor Reginald Tasker (Gage Clarke, 1900-1964) per quanto concerne una possibile ereditarietà genetica del male. Può un bambino ereditare il desiderio di fare del male e di uccidere un altro essere umano solo perché i suoi geni sono malati? I gigli neri o i “cattivi semi” possono essere davvero quei bambini nati “ciechi” cioè privi di una coscienza morale e di rimorso?
Rhoda è davvero una bambina malevola priva di buoni intenti e di moralità o è solo il frutto di un seme malato seppur cresciuta in una famiglia borghese dai sani principi e senza problemi? A voi l’occasione di scoprirlo.
Gigli neri per tutti? Buona visione.