Il disco in vinile per decenni sovrano della musica, vide iniziare il suo declino con l’arrivo delle musicassette. Più maneggevoli, meno ingombranti in termini di spazio, trasportabili e con l’upgrade di poter essere registrabili. La testina fonografica cominciò dunque a essere abbassata sempre meno, specialmente quando le audiocassette diventarono strumento per memoria di massa informatica dei primi personal computer domestici.
Il colpo di grazia arrivò negli anni 90 quando nacque la sua versione più compatta: il compact disc, appunto. E questo nuovo formato soppiantò definitivamente anche le musicassette, ree di incepparsi, di non produrre suoni purificati e, soprattutto, di essere diventato simbolo di un glorioso passato musicale dal quale si è voluti prendere le distanze.
Il regno del CD sembrava essere eterno, ma la tecnologia non si ferma e richiede novità: arrivano gli mp3 e così la musica diventa numericamente infinita. Riproduttori piccolissimi che possono contenere centinaia e centinaia di canzoni. È la fine dell’analogico. Almeno così sembrava. Il disco in vinile ritorna. Culto o monda? Parlano di dati di vendita.
IL PASSATO CHE RITORNA
Lo scricchiolio della puntina sulla superficie vinilica, le interferenze ambientali, l’atmosfera remota come i tempi che l’hanno vista protagonista: il vinile, con il suo ipnotico roteare, si rigenera in ricercato oggetto vintage.
Rimasto simbolo di una musica più veritiera e valoriale, gli audiofili fedeli al vinile hanno cercato in cantine, mercatini e su piattaforme online i dimenticati LP.
Un registro sonoro quasi tattile che necessita di pazienza e manualità: appoggiare la puntina sul disco, ascoltare un lato registrato e girare il disco per ascoltare l’altro lato. Dunque, un rituale che coinvolge il movimento corporeo.
IL TANGIBILE E L’ETERE: VINILE E STILE
Se si potesse fare un paragone con il famoso quadro di Raffaello intitolato La Scuola di Atene, la musica in streaming sarebbe Platone, ritratto con la mano a indicare l’alto (il mondo delle idee qui esteso come il Cloud), mentre Aristotele che tende la mano in avanti, verso il mondo tangibile, sarebbe il disco in vinile, la musica analogica materiale.
Perché il culto del vinile è uno stile, una conferma della propria personalità e dei propri gusti musicali. Oltre al maggior costo, sono oggetti fisici che vengono collezionati, conservati nelle abitazioni. È musica da dimensione domestica e privata, che resta confinata nelle adiacenze del giradischi e che si propaga nell’aria, non ci segue oltre la porta di casa costituendo, quindi, una funzione di arredo.
Si espongono al visitatore che può anche scegliere egli stesso il disco da far suonare (e farsi un’idea ben precisa di quale musica ascoltiamo). Una condivisione pressappoco impossibile con gli mp3.
Le nostre Playlist restano invece nel privatissimo smartphone che per lo più vengono ascoltate individualmente attraverso gli auricolari.
CULTO O MODA? PARLANO I DATI
Certamente culto e collezionismo. I costi elevati e i presupposti di un certo gusto per il vintage sono i motivi di chi sceglie di investire nel vinile. I dati parlano abbastanza chiaro.
Come confermato da FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana), nei primi mesi del 2019 i numeri restavano alti sugli abbonamenti alle piattaforme streaming, ma i dati delle vendite del vinile (+4.8) coprivano il 31% del mercato dei supporti fisici.
Con la crisi pandemica da Covid19, nel 2020 si è visto un crollo del fisico, causato certamente dalla chiusura per lock-down dei retail fisici e delle sospensioni di certi servizi di spedizione degli shop online.
Ciò nonostante, il vinile non ha visto decrescenze nelle vendite, restando saldo sul 5%.
FIMI dati mercato musicale 2020
RITORNO DEL VINILE. È UNA BUONA NOTIZIA?
Non è tutto romanticismo e amore per i bei tempi andati. Il vinile nasconde un oscuro lato che contrasta le sempre più necessarie scelte green.
I dischi in vinile sono fatti in pvc, cloruro di polivinile, materiale che “sarebbe” perfino riciclabile se non avesse costi elevati.
Per di più, le compagnie che si occupano di questo tipo di riciclo evitano di trattare dischi in vinile perché oltre al pvc sono presenti metalli pesanti e/o diossina, pericolosi per la salute in quanto vengono rilasciati nel processo di riciclaggio.
Senza contare le emissioni di Co2 causa trasporti su pneumatici dalla fabbrica al rivenditore e il cellophane nel quale sono avvolti.
I nostalgici, per una volta, dovranno fare i conti con la realtà che non tutto ciò che è passato sia per forza genuino e buono.
Il benessere dei nostri ecosistemi ha una priorità assoluta rispetto al piacere vintage di possedere dei dischi in vinile.
Quindi libertà di scelta, ma una mano sul cuore per il nostro pianeta. La tecnologia non è solo distopia e distorsione del reale. In questo caso sarebbe bene prendersi la briga di essere più platonici che aristotelici. Almeno musicalmente parlando.