Quella del King Lear è senza ombra di dubbio una delle più belle tragedie di William Shakespeare, benché sia la meno famosa. Un’opera che anticipa un tema chiave dei suoi scritti tardivi, ossia quello secondo cui le future generazioni potessero riscattare il mondo lasciato loro dai padri, estirpando dalle sue fondamenta il male che lo aveva corrotto. Una speranza, quella dell’autore, che trova riletture e rivisitazioni nei secoli successivi. Basti pensare alle numerose liriche, trasposizioni cinematografiche e rappresentazioni teatrali che, fino ad oggi, hanno cercato di (re-)interpretare, seppur lungo percorsi differenti, la sua ottica. L’ultima di queste è proprio Lei Lear, uno spettacolo che vede le attrici Chiara Fenizi e Julieta Marocco, che ne curano anche la regia, riflettere goliardicamente su alcuni elementi cardine della narrativa shakespeariana nei panni di Goneril e Reagan, le figlie malvagie del sovrano.
Fonte: Web
“Lei Lear” sembra serio, ma è solo un gioco
Nell’adattamento prodotto da Muchas Gracias e Teatro C’Art, è possibile osservare come questi due personaggi shakespeariani siano condotti, dalla mano di due creatrici contemporanee senza scrupoli, verso l’assurdo mondo di Samuel Beckett, grande drammaturgo irlandese del ‘900. Cosa potrebbe succedere? Che strana metamorfosi subirebbero i loro nitidi profili, i loro brillanti discorsi, le loro tragedie, il loro destino? Questo duo nobilesco e di indole maligna ha trasformato il loro moto decoroso in un’impeccabile coreografia profana, e i loro pomposi soliloqui in una specie di dialogo “unisonico” e mancato. Forse hanno accettato che le risposte non siano mai arrivate?
Insomma, una commistione che rende “Lei Lear” uno spettacolo cacofonico, un volo ribelle e irriverente sul Re Lear, dal punto di vista delle sorelle malvagie di Cordelia, all’interno di una cornice beckettiana e clownesca. Un gioco scenico ibrido, coreografico – e qui, la loro tragedia, che sommata al tempo è sempre uguale a commedia, è proprio quella di trovarsi in un luogo strano e, chissà, senza futuro.
Di recente, la drammaturgia si è aggiudicata il Premio PimOFF per il teatro contemporaneo 2021 del Festival Inventaria 2021 ed è stato selezionato tra i 10 semifinalisti di In-Box 2022 con menzione speciale.
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