Attrice, cabarettista, senior actor-coach, mediatrice teatrale e facilitatrice nei processi creativi e d’innovazione, Margò Volo è una delle più talentuose personalità del panorama drammaturgico nostrano odierno. Diplomatasi in Arte Drammatica e Mimo presso la Civica Scuola D’Arte Drammatica del Piccolo Teatro di Milano, vanta una lunga carriera che l’ha portata a collaborare con artisti di spicco del settore quali Giorgio Strehler, Beppe Novello, Lucia Vasini e Enzo Iacchetti. Ma non solo. Grazie al suo estro e alla profonda dedizione alla recitazione, è approdata anche sul piccolo schermo, partecipando a diverse serie TV e a sit-com di successo, come “Casa Vianello” e “Benedetti dal Signore”, e lavorando con professionisti del calibro di Renato Pozzetto, Alessandro D’Alatri e Carlo Vanzina. Oggi, però, la ritroviamo nuovamente a teatro con lo spettacolo “In stato di Grazia“, in concorso alla quarta edizione del Fringe Festival MilanOff 2022 e in scena alla Fabbrica di Lampadine in quattro repliche: giovedì 29 settembre alle ore 21,30, venerdì 30 settembre alle 17.30, sabato 1° ottobre alle 19.30 e domenica 2 ottobre alle 21.30.
La pièce, nata da un’idea del drammaturgo Tobia Rossi e della stessa Volo, è incentrata sulla figura di Grazia, una donna di mezza età rigida e perbenista che, in seguito ad un “incidente”, si trasforma in una “milf” spregiudicata e iper-sessuale, talmente libera da mettere in imbarazzo persino quelli che prima la accusavano di essere una bigotta. In un perfetto equilibrio tra ironia e comicità, dramma e commedia, la storia porta con sé ideali di libertà d’espressione, attraverso il dialogo e la comprensione reciproca, e tenta di sbrogliare tabù e pregiudizi sotto un’ottica di interpretazione completamente umana. Il tutto, con l’obiettivo di avvicinare il pubblico a questioni che, ancora oggi, restano incomprese oppure sono oggetto di dibattito. La libertà sessuale, l’orientamento, l’amore fluido e la menopausa, infatti, sono soltanto alcune delle tematiche che vengono affrontate e che, alla luce dei risultati elettorali dello scorso 25 settembre, assumono una maggior rilevanza.
Per questo motivo, abbiamo deciso di raggiungere telefonicamente la protagonista e di intervistarla per voi.
Buona lettura!
Margò Volo – L’intervista
Buon pomeriggio Margò e benvenuta tra le pagine di VanityClass. Sei un’attrice, cabarettista e caratterista che ha partecipato a numerosi spettacoli teatrali, riscuotendo un ragguardevole successo. Cosa ti ha spinto ad intraprendere questo percorso? È sempre stata una tua passione?
Non credo sia corretto parlare propriamente di passione. Tempo fa, ho incontrato una mia vecchia babysitter che mi ha raccontato di come io, già dall’età di 9 anni, ripetessi continuamente di voler fare l’attrice. Sfortunatamente, io non ho memoria di questo. La cosa che ricordo, però, è che, quando avevo più o meno 16 anni, vidi uno spettacolo meraviglioso di Lindsay Kemp a Milano. In quegli anni non lo conosceva ancora nessuno, ma portò in scena “Flowers”, tratto da “Nostra Signora dei Fiori” di Jean Genet. In quel momento, non appena lo vidi sul palco, ebbi un’illuminazione sulla mia identità. E così sentii: non “mi piace questo”, ma “io sono questo“. Era quello il mio posto, lo avevo visto. Subito dopo, iniziai a frequentare corsi di teatro. A 18 anni, feci l’esame per entrare in un corso professionale e venni accettata. E alla fine, dietro consiglio della mia direttrice, tentai l’esame di ammissione all’Accademia per attori e lo superai. Ad oggi, posso dire di essere questo, un’attrice, e forse lo sono sempre stata. Quel che so per certo è che non avrei mai potuto e non potrei mai fare altro o vedermi altrove se non su un palcoscenico.
Nella scelta di una parte da interpretare, c’è qualcosa in particolare che ti spinge ad accettare oppure a rifiutare un ruolo? Affinità emotive con il personaggio, caratteristiche in comune, background personale…
Beh, guarda, in “In stato di Grazia” vesto i panni di 11 personaggi quindi… (ride). Scherzi a parte, quando chi si occupa dei casting chiama gli attori per un provino, solitamente, ha già selezionato un personaggio che sia affine oppure abbia delle caratteristiche in comune con il volto che lo interpreterà. C’è da dire, poi, che la televisione e il teatro sono abbastanza diversi sotto questo punto di vista. In tv, ad esempio, si va molto per cliché. Dal canto mio, cerco di divertirmi sempre, qualunque sia la parte che dovrò portare in scena o di fronte alla cinepresa. In generale, in tv ho sempre rivestito ruoli comico-brillanti o da “villain” che si rivelano essere buoni nel profondo.
Parlando di “In stato di Grazia“, lo spettacolo sarà in concorso alla quarta edizione del Fringe Festival MilanOff. Come ti senti a prendere parte ad una manifestazione di così grande rilevanza?
La cosa più entusiasmante dell’essere stati selezionati a questo Festival è la possibilità, l’occasione, di confrontarsi con tutti gli altri e con tanta bellezza. Come attrice è una gioia, poter lavorare e condividere la stessa passione con altre compagnie. La “mia” Grazia sarà in-festa al Festival: sono gioiosa, serena per questo lavoro di squadra e mi sento nella condizione di godermi questa Grazia che è connessa col pubblico, in ascolto continuo con nuove sintonie. Dopo essere stati così soli in questi due anni, questo è davvero un momento di festa, impagabile. Andiamo in scena, finalmente, per celebrare il teatro!
In che modo è strutturato lo spettacolo?
Allora, lo spettacolo è uno strutturato comedy ma con una particolarità davvero interessante. Se qualcuno leggesse il copione, difatti, potrebbe constatare che è stato scritto come se ogni personaggio fosse interpretato da un attore diverso. C’è un setting iniziale, che introduce la situazione e la chiarifica. Un villain, un momento scatenante e, infine, delle conseguenze. E il tutto si svolge come se fosse un copione con tanti personaggi. L’unica differenza sta nel fatto che i personaggi li faccio tutti io (ride)… E senza mai uscire di scena! La rappresentazione si svolge in modalità stand-up, un richiamo al teatro internazionale, e con un uso fantastico dell’oggetto, in questo caso una sedia che, a seconda delle situazioni, diventa il sedile di una macchina, una collina, il seggio di una preside e così via.
Nel corso della storia assistiamo ad una vera e propria evoluzione del personaggio di Grazia. Come si arriva ad un tale cambiamento?
È molto semplice in realtà. Grazia è una preside e all’inizio la vediamo come una donna molto rigida, severa, perbenista e sessuofoba, sebbene abbia un figlio che fa la drag queen e lei lo sostenga fortemente. Ad un certo punto, però, in paese apre i battenti una fabbrica di medicinali che produce un equivalente del Viagra. Lei, vedendo la pubblicità del prodotto e ritenendola oscena, si scatena e decide di recarsi sul posto per protestare. Una volta arrivata al di fuori dell’azienda, cade all’interno di una cisterna contenente i liquami di scarto del farmaco prodotto. Quando ne fuoriesce, però, è una persona completamente diversa. Grazia inizia a prendere confidenza con il proprio corpo, in maniera quasi eccessiva, fino ad arrivare a dire ai suoi studenti:
“Il corpo è il più grande strumento di libertà che abbiamo. Le regole le fate voi. Ascoltate i vostri desideri. Siatene padroni, rivendicateli”.
Questo cambiamento, però, inizia a turbare chi le sta intorno, persino coloro che prima la accusavano di essere troppo rigida e bacchettona, anche se alla fine tutto si risolve. Che dire, come se chi la circonda venisse a contatto con una verità che si smaschera e smaschera ogni cosa, persone incluse. Non a caso, chi riesce a comprendere e ad accettare Grazia ha la possibilità di reinventarsi, mentre tutti gli altri vanno in crisi.
E cosa simboleggia?
La simbologia dietro l’evoluzione di Grazia è piuttosto ampia. C’è un discorso sulla libertà, sull’accettazione dell’altro, sulla libertà sessuale, sull’omosessualità, sulla scelta di restare vergini, dal momento che suo figlio, Virgy, è vergine, e tanto altro ancora. Insomma, c’è un po’ di tutto e credo che ciascuna di queste tematiche sia trattata con grande rispetto e gentilezza.
Credits©: Alberto Mori
Libertà sessuale, omosessualità, pregiudizi, verginità e fluidità. Si tratta di argomenti piuttosto rilevanti e intorno ai quali è in corso un autentico dibattito. Il teatro, si sa, è in grado di veicolare messaggi che possono raggiungere chiunque. Perciò, quanto ritieni sia importante portare in scena tematiche del genere oggigiorno?
Guarda, ti rispondo così: “Prima che il nuovo Governo ci censuri, venite a vedere ‘In stato di Grazia’” (ride). Beh, dopo il risultato elettorale, ha ancora più significato parlarne e ancora di più ce l’ha farlo attraverso lo spettacolo che portiamo in scena. Come anticipavo prima, infatti, ritengo fortemente che questo tipo di argomenti sia stato affrontato in maniera umana, vera, leale e onesta. Grazia vive in prima persona tutto quello di cui stiamo parlando. È una donna che esiste, al pari di tutti gli altri personaggi, e se c’è una cosa che riesce ad insegnarci, specialmente grazie al rapporto che ha con il figlio gay che fa la drag queen, è che bisogna amare quello che c’è da amare. Sì, è vero, ci sono ideali, diritti civili e pensieri politici. Ma quello che conta davvero è l’amore in sé, che non ha bisogno di slogan, di bandiere o di essere strumentalizzato. Anzi, va semplicemente vissuto. In fondo, si tratta di cose che appartengono alla normale quotidianità di chiunque.
E credi che, al di là di qualsivoglia tipo di ideologia, possa essere di aiuto a quella classe politica che sembra non considerare minimamente questi aspetti?
Assolutamente sì. D’altronde, i partiti non sono altro che gruppi formati da persone. Come dice il buddismo: “Un grande cambiamento nella vita di una persona causerà un enorme cambiamento nel suo quartiere. Nella sua città. E alla fine potrà portare a un cambiamento nel mondo”. Se ogni persona affronta e vive determinati tabù o certe situazioni conflittuali, pensando in prima persona e aprendosi al dialogo, acquisisce una maggior comprensione. Magari può esserci il non ‘essere d’accordo’. Ma comunque c’è un dialogo che scioglie le paure. Affrontare personalmente le cose. Comunicare. Dialogare e ascoltare. Prestare attenzione e rispettare. Ascoltare i desideri degli altri. Soltanto in questo modo può venirsi a creare un tessuto sociale equilibrato e civile, dove l’uomo può essere salvo. Altrimenti, se continuiamo così, non arriveremo proprio da nessuna parte!
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