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Ragazzaccio: Paolo Ruffini racconta il suo film, fra bullismo, Covid e amore, soprattutto per il pubblico

Una serata unica quella di Carate Brianza (MB), dove è stato proiettato il suo intenso film, e l’incontro emozionante con gli spettatori, fra i quali anche la nostra Veronica Fino

Quel bravo Ragazzaccio di Paolo Ruffini

Il film indipendente “Ragazzaccio” è l’ultimo lavoro diretto dalla regia di Paolo Ruffini, acclamato attore, conduttore televisivo e sceneggiatore livornese.

La pellicola è prodotta da Vera Productions, e vede come interpreti attori eccezionali come Beppe Fiorello, Sabrina Impacciatore, Massimo Ghini, accompagnati dai giovani protagonistAlessandro Bisegna e Jenny De Nucci

Un piccolo cameo è rappresentato da Francesco Sarcina, che ha scritto un brano per il film.

C’è anche Claudia Campolongo, che oltre ad essere l’austera insegnante di latino, che ha curato le musiche con la collaborazione di Gianluca Sambataro.

La proiezione a Carate Brianza (MB) con regista, produttore e parte del cast in sala

Nella sera del 24 Novembre, ho avuto la piacevole sorpresa di partecipare alla visione del film “Ragazzaccio”, diretto da Paolo Ruffini, presente in sala con la ex compagna (nel privato, ma non nell’affetto e nel lavoro) Claudia Campolongo.

Con loro, anche uno dei produttori, Simone Valenza, e il già citato Sambataro.

“Ragazzaccio” ha suscitato l’interesse in me fin dalla prima volta che ne ho sentito parlare. Sfortunatamente, non ho però avuto modo di vederlo a lungo in cartellone al cinema. 

Così, per caso, guardando i video in rete con il regista partecipe, pronto al dialogo anche con pochi presenti, ho iniziato ad apprezzare maggiormente l’impegno verso un film “non facile”.

Perché non facile? Perlomeno non lo è –oggi– dove tutto ciò che abbiamo vissuto lo vogliamo forzatamente dimenticare.

Come fosse un’urna come quella aperta da Pandora: pericolosa, da riporre in uno scantinato della memoria, che in qualche modo ci ha visti spettatori estraniati.

Così pieni di dolore, frustrazione, senso di punizione e oppressione che abbiamo scelto di chiuderlo e porlo nel dimenticatoio.

Noncuranti. Malati sociali in una società che ci cannibalizza vorticosamente fra slogan e dissensi. 

Riavvicinati, solo per far festa, mai così lontani.

Come se le infinite immagini strazianti che hanno condizionato, in qualche modo, chiunque di noi, fossero storia da archiviare nel file “gli anni peggiori di sempre-forseandràtuttobene-forsepotevaandaremeglio”

(Solo che da quell’urna avremmo dovuto tenere, almeno, l’educazione al rispetto, al dolore, l’empatia, termine fin troppo sdoganato, e l’attenzione verso gli altri. -n.d.r.-).

Allo stesso modo, ho realizzato che, vista la scarsità di programmazione in sala, la soluzione per vedere il film era dirigermi, da Milano, per assistere alla proiezione del CineTeatro “Agorà”, nella Brianza.

Non lo nego, ho anche sentito l’esigenza di comunicare quella voglia di vedere, sentire quel film, tanto da inviare un messaggio in direct su Instagram al buon Paolo. 

Immaginatevi la sorpresa quando ho ricevuto un suo messaggio vocale di risposta! (-n.d.r.-)

La trama di “Ragazzaccio”

Il protagonista del film è Mattia (interpretato da Bisegna), uno studente del liceo classico.

Vive in una famiglia ordinaria composta da lui e dai suoi genitori.

Inizialmente, la madre di Mattia (magistralmente interpretata dalla Impacciatore nel suo essere fra il naïve e donna in eterna prossimità di esaurimento nervoso) emerge come personaggio negativo, in quanto irrispettosa dello spazio del figlio. 

Inoltre, pensa primariamente in modo molto venale che i turni in più del marito aiuteranno economico la famiglia, noncurante dello stato del marito, né della famiglia stessa.

Il padre (un visibilmente provato Ghini) è in qualche modo definibile anaffettivo, benché lavori in ospedale come infermiere.

Cerca il contatto con figlio e moglie, senza tuttavia riuscire a coinvolgerli. 

Non riesce a far trapelare quanto una parte di lui si perda eroicamente di fronte alle scene drammatiche che è costretto a vedere.

Turno dopo turno.

L’ambientazione è quella di un paese, una città indefinita: il film è girato tutto in interni, come a rappresentare la chiusura che l‘Italia, e poi il mondo intero ha provato, con il lockdown.

Il periodo storico in cui è ambientato, è naturalmente quello del 2020, anno dell’arrivo dell’ormai sfortunatamente celeberrima pandemia da Covid-19. 

Già da prima di allora, Mattia si atteggia come bulletto, passa molte-troppe-ore con il cellulare in mano, è reticente alle regole e fatica notevolmente ad impegnarsi con la scuola.

Scuola che da un giorno all’altro si blocca, fino a riprendere con la DAD, Didattica a Distanza. Con i limiti, evidenti fin da subito, che essa ha comportato. 

Il nuovo asfissiante quotidiano scolastico ci porta a conoscere i compagni del ragazzaccio/bullo.

E —senza spoilerare– comprendiamo fin da subito quanto l’influenza dell’opinione altrui incida su Mattia.

Egli è costretto, mediato dai vari whatsApp, in qualche modo a calarsi nel ruolo da personaggi.

Dei quali alcuni hanno un’evoluzione netta, altri parziale e qualcuno nulla.

Come già ribadito, i problemi e le attitudini di Mattia sono quelli di un semplice bullo, un ragazzaccio, appunto. 

O, almeno, in apparenza.

Durante il film, oltre a scontrarsi con la sua realtà famigliare e le difficoltà di comprensione e deficit di attenzione, conosciamo, come se partecipassimo anche noi spettatori via videoconferenza le sue insicurezze.

Che sono poi riflesso delle inquietudini che hanno caratterizzato migliaia di studenti

Ma il ragazzaccio, istigato dagli “amici” pronti poi ad abbandonarlo quando giunge al livello di bullismo più becero, è anche un ragazzo arrabbiato con la vita, con la famiglia, e con l’apatia attanagliante del periodo. 

Il suo momento moralmente più basso, paradossalmente, coincide con quello che lo riporta a galla: fra una ragazzata, un comportamento discutibile e uno esecrabile, trova interesse nella coetanea Lucia (la De Nucci)

Una ragazza che irradia una luce del tutto nuova, colma di speranza che si batte per eguali diritti per gli studenti. 

E questo innamorarsi alla maniera Gen Z (“io ti… Io Ti Punto”) si riflette nel cambiamento del ragazzaccio. Che inizia a porsi domande, a chiedersi il valore di cose e persone.

E gli adulti a scuola?

Dopo il grave atto di bullismo nei confronti di un compagno con disabilità, gli insegnanti si rivedono su Teams.

Incontro virtuale per decidere della vita reale dello studente del classico.

C’è chi condanna (insegnante austera di latino -la Campolongo n,d,r,-) senza redenzione, e chi cerca di andare oltre per capire, per cogliere se vi sia qualcosa da salvare nel liceale. 

Nel ruolo dell’insegnante di letteratura troviamo un Beppe Fiorello che cerca privatamente di far recuperare lo studente, che riscopre la voglia di scrivere. 

Certo, non diventerà un novello Dante, né un Manzoni“, ma il ragazzaccio ha qualcosa da dire!

Il Prof, fra una birretta a distanza e un racconto degli Sposi più celebri di sempre, della peste del ‘600, prova anche ad aprire un dialogo generazionale.

Fa paragoni con personaggi che a Mattia sembrano irreali, come Mike Bongiorno.

Nonostante ciò, il Prof comprende il disagio del giovane, lo accompagna e lo consiglia, esattamente un po’ come fece Virgilio con Dante.

Fra moniti, spiegazioni ed esortazioni. 

E scava per capirne la rabbia, come il tradimento della madre e il senso di spaesamento del padre. 

Non mancano per il Prof. Fiorello nemmeno le grandi delusioni, che saranno proprio lenite dalle parole di amore, comprensione e amicizia pronunciate dalla vittima dello scherno. 

(Discorso scritto dall’attore diversamente abile, che scuote il cuore e fa partire le mani in flebili, incessanti ticchettii, in attesa di applaudire. -n.d.r-)

Quando poi sarà questo a contagiarsi, e la paura più vicina che mai, grazie al suo insegnante l’ex ragazzaccio Mattia comprende un’assoluta verità, ossia, che 

Il virus più contagioso è ancora l’amore

Infine, la decisione dell’impossibilità di bocciatura da parte del Governo lascia tutti più sereni, mentre, dopo tutto quel sur-reale rientra nel piano del reale, e il novello Renzo può uscire, non senza i primi eterni batticuori, con la sua bella Lucia. 

Novelli promessi, pronipoti del Manzoni Ruffiniano 

D’altronde, anche il finale dei “Promessi Sposi”, che così cita:

«Renzo, alla prima, rimase impicciato. Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perchè ci si è dato cagione;

ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore.

Questa conclusione, benchè trovata da povera gente c’è parsa così giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo di tutta la storia.

La quale, se non v’è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l’ha scritta, e anche un pochino a chi l’ha raccomodata. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s’è fatto apposta.»

Il “sugo” del grande autore del grande romanziere italiano allude al fatto che, per quanto li si evitino, i guai arrivino. Ma è la modalità con la quale si reagisce ad essi, la fiducia in Dio, nella Provvidenza e l’insegnamento ad essere migliori che dobbiamo sempre tenere a mente. 

Come accadde con la peste, in maniera più scientifica e teoricamente rapida, si torna un po’ tutti con la mente come ai recenti insegnamenti.

Distanze, comportamenti consigliabili, bene comune, amuchina e mascherine, insomma. 

Li scorderemo?

Forse, o forse, credo molto personalmente che li lasceremo nel vaso da non riaprire per temere di riaprire parte di noi. 

Ciò che non scorderò, personalmente, la sensazione provata vedendo il film, conoscendo il vero finto ragazzaccio, Paolo Ruffini, e le lacrime condivise, come una dovuta e liberatoria catarsi, di cui non potere che essere grata. 

Ma di questo, ne racconterò un’altra volta. Promesso!

Nel frattempo, cercate le sale dove Ragazzaccio viene proiettato, rappresenta un valore aggiunto per chiunque abbia la forza di affrontare, di nuovo, ciò che ha provato a celare. E portateci i ragazzi, ché sono sempre spunti preziosi. 

Discorsi in stile “bro” dimostrano. 

 

A cura di Veronica Fino

Ragazzaccio: Paolo Ruffini racconta il suo film, fra bullismo, Covid e amore, soprattutto per il pubblico
Un’immagine inedita: Veronica fra Claudia Campolongo, Gianluca Sambataro, Paolo Ruffini e Simone Valenza, produttore di Vera Productions Carate Brianza, 24 novembre 2022

 

 

 

 

 

Redazione

Scritto da Redazione

La redazione di VanityClass.

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