“Gentile Avvocato, mia madre ha 70 anni ed è vedova da molto tempo. Nell’ultimo periodo ho notato cambiamenti repentini nell’abbigliamento ed un attaccamento che definirei “morboso” allo smartphone. Dopo una lunga chiacchierata mi ha confessato di aver conosciuto una persona professatasi innamorata di lei sul web e al quale farebbe “regalini”. Pochi giorni fa ho scoperto che questi regali ammontano a cifre considerevoli versate da mia madre a questo sconosciuto. Sono molto preoccupata, temo sia vittima di un’autentica truffa amorosa. Cosa posso fare?“
Come ci si può tutelare da una truffa amorosa?
Cara lettrice, temo che sua madre possa essere vittima di un malintenzionato il cui unico fine sia quello di ottenere denaro, in cambio di qualche complimento e finta riconoscenza. Dal suo racconto, penso che il primo passo da fare sia richiedere che venga nominato a sua madre un amministratore di sostegno.
Le segnalo che recentemente, il Tribunale di Ravenna, con la sentenza n. 104 del 4 febbraio 2021, è intervenuto con pronuncia di accoglimento del ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno a favore di una donna che si trovava in una situazione non dissimile da quella di sua madre.
L’indebito approfittamento della vulnerabilità di chi si trova solo e viene circuito dalle lusinghe di soggetti malintenzionati, oltre a costituire, come detto, presupposto per ottenere la nomina di un soggetto che amministri il patrimonio del beneficiario nel suo esclusivo interesse, senza privarlo totalmente della possibilità di gestire finanze e risorse, potrebbe integrare la fattispecie delittuosa di circonvenzione di incapace, reato previsto e punito dall’art. 643 c.p..
L’ordinamento appresta, dunque, due distinte forme di tutela: l’una in sede civile, finalizzata a proteggere il patrimonio della vittima, mediante la nomina di un soggetto (amministratore di sostegno) che provveda agli interessi dell’amministrato sino a quando si manifesti la condizione di incapacità di gestione in completa autonomia della propria persona e delle proprie risorse; l’altra, in sede penale, mediante la denuncia dei fatti all’Autorità Giudiziaria.
Procediamo per gradi
In sede civile, la nomina di un amministrazione di sostegno costituisce strumento modulabile, previsto dagli artt. 404 e ss. c.c., in grado di fornire ai soggetti deboli un supporto che miri a sostenere la capacità residua del soggetto, valorizzando la centralità della persona ed il principio di autodeterminazione. La richiesta di nomina potrà essere attivata direttamente da lei, in qualità di figlia della beneficiaria, venuta al corrente delle circostanze da lei descritte; occorre tuttavia precisare che la nomina dell’amministratore permane, fintanto che la “vittima” risulti bisognosa di protezione: detto altrimenti, una volta venuti meno i presupposti che giustificano l’esigenza di protezione, l’amministratore potrebbe essere revocato. Il Pubblico Ministero è parte necessaria di tale procedimento, ragion per cui, potrebbe essere la stessa Procura della Repubblica presso il competente Tribunale ad aprire un’indagine d’ufficio.
Qualora fosse intenzionata ad attivare due procedimenti paralleli, potrebbe sporgere immediatamente denuncia finalizzata ad ottenere, a fronte di un’auspicata sentenza di condanna, la punizione dei colpevoli, nonché il risarcimento del danno arrecato (rappresentato dalle donazioni effettuate da sua madre) a seguito della costituzione di parte civile, previa dimostrazione del fatto che le condotte poste in essere dai beneficiari della donazioni di denaro costituiscano artifici e raggiri idonei a configurare il reato di circonvenzione di incapace.
Ad avere l’ultima parola in merito all’opportunità dell’applicazione della misura di protezione da applicare alla vittima è il Tribunale e, più nel dettaglio, il Giudice Tutelare che, dopo aver sottoposto ad esame l’amministrando, emetterà provvedimento finalizzato a determinare modalità e caratteristiche dell’amministrazione di sostegno disposta.