Erano le prime ore dell’alba tra il 23 e il 24 febbraio scorso quando Vladimir Putin ordinò l’invasione dell’Ucraina. Attraverso la Crimea, il Donbass e il Mar d’Azov, il Capo del Cremlino ha dato il via ad “un’operazione militare speciale” che in pochissimo tempo si è rivelata un massiccio attacco su vasta scala. Tra bombardamenti aerei, danni a edifici civili e dissidi armati nei punti strategici del Paese, le truppe russe hanno iniziato la loro avanzata verso Kiev che, a dispetto di diversi giorni di assedio, continua tutt’oggi a resistere. Al contempo, inoltre, nonostante il clima di tensione non lasciasse ben sperare, la via diplomatica non è stata completamente abbandonata. Mentre il conflitto prendeva piede e si inaspriva attimo dopo attimo, difatti, svariati sono stati i tentativi di conciliazione, sia da una parte che dall’altra, sebbene le pre-condizioni moscovite non costituissero un ottimo preludio alla pace definitiva.
Ora, però, pare che qualcosa sia cambiato e che lo scontro stia andando verso un momento di svolta decisivo. Ma sarà realmente così?! Stando agli ultimi aggiornamenti, infatti, sembra che tanto Zelensky quanto Mosca abbiano accettato di sedere, a partire da oggi, al tavolo delle trattative per porre fine, incondizionatamente, ad una guerra che sta destabilizzando l’Est Europa e non solo. E questo, nonostante la lotta non abbia ancora raggiunto una battuta d’arresto.
Guerra in Ucraina: siamo vicini ad una tregua?
Sebbene la Russia sia riuscita a prevalere in più di un’occasione sull’Ucraina (basti pensare alla conquista di Chernobyl, alla contesa di Kharvik oppure alla distruzione di importanti siti a livello civile, politico e commerciale, come quella di un noto impianto petrolifero), quest’ultima ha dimostrato di saper tener testa al “gigante rosso”. Non a caso, a distanza di ormai cinque giorni dall’entrata delle milizie russe nel territorio della nazione confinante, i soldati e la popolazione ucraini stanno dando prova di grande coraggio e resistenza. Secondo quel che riferisce l’Ansa, in particolare, intorno alle 3 di questa mattina, ora locale, ci sarebbero state nuove esplosioni sulla capitale, “dopo alcune ore di calma apparente“. Un chiaro segno di come le milizie occupanti non abbiano la minima intenzione di indietreggiare. Tuttavia, le forze nazionali, aiutate dai cittadini che hanno risposto all’appello del loro Presidente di imbracciare le armi (inclusi i residenti all’estero che hanno scelto volontariamente di rientrare in patria), hanno respinto e di fatto deviato gli sforzi del nemico.
In più, in seguito alle numerose proposte andate a vuoto che si sono susseguite in questi giorni, il Premier Volodymyr ha accettato il colloquio senza “pre-condizioni” tra la sua delegazione e quella della controparte nella speranza di poter giungere ad un compromesso. Il vertice, a cui ha preso parte su richiesta di Kiev anche l’ex patron del Chelsea e oligarca Abramovich, si è svolto alcune ore fa sulle rive del fiume Prypyat, fa sapere l’Ansa, nella regione di Gomel al confine con la Bielorussia. Ma subito dopo una breve interruzione, in concomitanza della quale Kiev aveva annunciato che le trattative si erano concluse, è stata avviata una seconda seduta (giunta da poco al termine). A quanto si apprende, la Federazione russa rimarrebbe ferma sulle proprie posizioni, tant’è che ieri Putin ha persino ordinato la messa in stato di allerta del suo apparato difensivo nucleare. E come se non fosse già abbastanza, come accennato nel corso di una telefonata con Emmanuel Macron, ha ribadito che un accordo sarà possibile solamente una volta che la “smilitarizzazione e de-nazificazione” di Kiev saranno portate a termine (insomma, “quando avrà assunto uno status neutrale“) e non appena la Crimea verrà definitivamente riconosciuta. Al tempo stesso, però, si sarebbe impegnato, dietro richiesta dell’Eliseo, a garantire sicurezza alle infrastrutture civili e ai loro abitanti.
Adesso, non resta da far altro che attendere la risposta dell’esecutivo ucraino.
Seguiranno aggiornamenti.