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Repubblica Italiana, sono passati 77 anni dal Referendum che depose monarchia e fascismo

Ricorre oggi il 77esimo anniversario dall’evento che cambiò definitivamente la Storia del nostro Paese

Repubblica

Si sono tenuti nella giornata odierna, venerdì 2 giugno 2023, i festeggiamenti per la proclamazione della Repubblica Italiana. Era il 1946, infatti, quando il popolo dell’intera penisola manifestò, attraverso un quesito referendario, l’esigenza (nonché la propria volontà) di una nuova forma di governo, che fosse alternativa a quella posta in essere all’epoca. E così oggi, a distanza di ben 77 anni da quel Referendum, non solo si celebra la democrazia, ma si ricordano in particolar modo quei milioni di uomini e donne che si sono battuti per far sì che si deponessero definitivamente sia la monarchia che il fascismo. 

Festa della Repubblica, quando gli italiani cambiarono la Storia del Paese

Si svolsero il 2 e il 3 giugno del 1946 le votazioni per il Referendum con cui gli italiani si sono espressi per scegliere la tipologia di governo che l’Italia avrebbe dovuto mantenere in seguito alla caduta del fascismo. Vinse la Repubblica con 12.718.641 voti contro i 10.718.502 per la Monarchia. Si trattò di un evento epocale, non solo perché segnò un punto di svolta per la Storia del Paese, ma anche (e soprattutto) perché fu (e rimane tutt’ora) una delle manifestazioni più concrete e di più grande impatto della volontà della popolazione. 

Non a caso, su 28 milioni di aventi diritto, quasi 25 milioni di cittadini presero parte al voto. Nella stessa occasione, inoltre, si elessero i membri dell’Assemblea Costituente, i quali avrebbero lavorato alla definizione della Costituzione. Nello specifico, la Democrazia Cristiana ottenne la maggioranza relativa con 207 deputati sui 556 totali, mentre al secondo posto arrivarono i Socialisti e al terzo i Comunisti. In più, fu la prima volta che le donne poterono votare in un quesito referendario e durante le elezioni politiche. 

«Mai nella storia è avvenuto, né mai ancora avverrà che una repubblica sia stata proclamata per libera scelta di popolo mentre era ancora sul trono il Re» (Piero Calamandrei)

La ricorrenza

Quella che oggi chiamiamo Festa della Repubblica esiste dal 1948 e da allora si celebra quasi sempre, fatta eccezione per il 1976, quando si decise di annullare la parata militare che la caratterizzava per via del terremoto del Friuli Venezia Giulia. Dall’anno successivo, per più di vent’anni, fu una “festa mobile”. Per non perdere un giorno lavorativo, fu deciso di festeggiarla ogni prima domenica di giugno. Nel 2000, tuttavia, su iniziativa dell’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, l’Esecutivo ristabilì la data al 2 giugno, assieme alle celebrazioni ufficiali.

La Festa della Repubblica italiana ha le proprie origine in una delle fasi più difficili della Storia della Nazione. Nel 1946 era da poco finita la Seconda guerra mondiale. Il voto si svolse tra le macerie dei bombardamenti alleati e quelle delle demolizioni dei nazisti in ritirata, con centinaia di migliaia di italiani ancora sparsi per i campi di prigionia in varie parti del mondo, intere province sotto il governo militare straniero e un clima che sembrava prossimo a quello di una guerra civile.

I risultati ufficiali del referendum arrivarono il 18 giugno successivo e fu proprio in quel giorno che la Corte di Cassazione proclamò ufficialmente la nascita della Repubblica italiana. I dati, però, furono la dimostrazione che l’Italia, in quel preciso momento storico, era divisa in due. Al Nord, nella maggior parte dei centri urbani principali si votò per la Repubblica, che ottenne il risultato più ampio a Trento, dove ebbe l’85% dei consensi. Al Sud, invece, la Monarchia continua a riscuotere un largo consenso. A Napoli e a Palermo, per esempio, ottenne rispettivamente 900mila e quasi 600mila voti, contro i 250mila e i 380mila raccolti dalla Repubblica. 

Gli “esclusi” dal voto

Sfortunatamente, non tutti ebbero l’opportunità di votare. Non poterono partecipare alle elezioni i militari prigionieri di guerra nei campi degli alleati, alcuni dei quali si trovavano negli Stati Uniti, e non votarono nemmeno gli internati in Germania, che stavano cominciando lentamente a ritornare in patria. Non si votò nella provincia di Bolzano, che dopo la creazione della Repubblica di Salò era parte della Germania e, alla fine della guerra, veniva amministrata direttamente dagli Alleati. Diversamente non andò a Pola, Fiume e Zara, tre città che prima della guerra erano italiane, e che sarebbero passate alla Jugoslavia. Così come non si votò a Trieste, che fino al 1954 ebbe un’amministrazione internazionale.

I risultati e la convinzione di “brogli”

Anche se lo si sente dire spesso ancora oggi, durante il referendum non ci furono brogli. Secondo le analisi di storici ed esperti che negli anni hanno approfondito le dinamiche del voto e i risultati, la votazione si svolse in maniera tutto sommato regolare. Ciò nonostante, tale convinzione è comunque rimasta viva. In parte a causa del clima teso che si respirava in quelle settimane e che continuò per anni a incombere sull’Italia, e in parte perché la gestione dello spoglio e del processo risultò alle volte incerta e decisamente non precisa.

I primi risultati erano arrivati il 4 giugno e sembravano dare in vantaggio la Monarchia. Durante la notte e la mattina del giorno successivo la Repubblica passò in netto vantaggio e il 10 giugno la Corte di Cassazione proclamò il risultato. Ad ogni modo, nel comunicato a sorpresa utilizzò una formula dubitativa, rimandando quindi l’annuncio definitivo al successivo 18 giugno, dopo l’esame delle contestazioni presentate soprattutto dai monarchici.

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Diego Lanuto

Scritto da Diego Lanuto

Classe 1996, studente laureando in "Lingue, Culture, Letterature e Traduzione" presso l'Università di Roma 'La Sapienza'. Appassionato di scrittura, danza, cinema, libri e molto altro, nel corso degli anni ha collaborato con diversi siti e testate giornalistiche on line tra cui Metropolitan Magazine, ATuttoNotizie, M Social Magazine e Spyit.it. Ha scritto alcuni articoli per la testata giornalistica cartacea ORA Settimanale. Ha curato progetti in qualità di addetto stampa. Attualmente è redattore presso la testata giornalistica Vanity Class e addetto stampa del progetto "L'Amore Dietro Ogni Cosa - Andrea Crimi canta Simone Di Matteo".

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