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Degrado della natura e impatto economico

La questione dei criteri ESG (Environmental, Social, Governance) è un tema molto caldo in Europa

La natura è troppo grande per fallire? Qual è lo stato attuale della perdita di biodiversità? A queste domande sul degrado della natura l’ultimo Living Planet Index del WWF, pubblicato nel 2020, cercava di dare una risposta, ma tutto quello che è riuscito a fare è solo di rivelare un allarmante declino della natura. Ad esempio ha stimato che due terzi delle popolazioni di fauna selvatica sono diminuite negli ultimi cinquant’anni. “Nel 2019 la Piattaforma intergovernativa di scienza e politica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (IBPES) ha quantificato il problema in termini di estinzione delle specie” ha detto la Dr.ssa Susanne Schmitt, Nature and Spatial Finance Lead WWF-UK, riferendo che “al ritmo attuale un milione di specie potrebbe estinguersi” nell’arco di pochi anni. Questo livello di degrado della biodiversità minaccia di minare l’80% degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite.

Degrado della natura: il crollo del capitale naturale

L’impatto economico del degrado della natura sta diventando sempre più chiaro di giorno in giorno. Tra il 1992 e il 2014, il WWF rileva un crollo del 40% del capitale naturale. Questa è una statistica preoccupante, in quanto il capitale naturale – definito come lo stock di risorse naturali rinnovabili e non rinnovabili, da cui deriviamo i nostri prodotti fisici e servizi ecosistemici – è un pilastro insostituibile dell’economia globale. In effetti, “metà del nostro PIL dipende dalle attività economiche basate sulla natura”, ha osservato Schmitt.

Questo problema è ancora più acuto quando si tratta di Paesi a basso reddito, dove molti cittadini traggono il loro sostentamento dai prodotti della natura. Infatti, nei Paesi meno sviluppati (PMS), il capitale naturale contribuisce a circa la metà della ricchezza totale. Chiaramente, per mantenere un’economia e un sistema finanziario stabili, dobbiamo garantire che la natura rimanga stabile.

Il mondo della finanza

Degrado della natura e impatto economicoCi sono sviluppi promettenti in questo settore, ha sottolineato Schmitt, e il settore dei servizi finanziari sta iniziando a svegliarsi e rispondere ai problemi che deve affrontare, anche nel reagire al degrado della natura. Nel giugno 2020, ad esempio, la De Nederlandsche Bank ha pubblicato uno studio fondamentale, “Indebted to Nature”, che ha rilevato che “le istituzioni finanziarie olandesi da sole hanno 510 miliardi di euro di esposizione ai rischi della biodiversità, come l’interruzione dell’impollinazione da parte degli insetti. Le attività a rischio rappresentano fino al 36% delle attività valutate dalla banca centrale tra banche, fondi pensione e assicuratori olandesi “.

Più recentemente, nell’aprile 2021, il regolatore finanziario Network for Greening the Financial System (NGFS) ha lanciato un progetto di ricerca congiunto con Inspire. L’organizzazione, gestita dalla London School of Economics, ha il fine di quantificare meglio l’impatto della finanza sulla fornitura di servizi ecosistemici fondamentali, e valutare le conseguenze della perdita di biodiversità nei confronti della stabilità finanziaria.

Degrado della natura. Il problema del greenwashing

Si parla di greenwashing quando un’azienda comunica la sua compliance ai criteri ambientali, ovvero i criteri ESG (Environmental, Social, Governance) che valutano le scelte economiche della finanza sostenibile, l’impatto ambientale e lo sviluppo green, ma in realtà non opera nel rispetto di questi principi. Si limita in pratica solo a dichiararli per conseguire un posizionamento incentrato sulla sostenibilità ambientale e ottenere così benefici in termini di immagine e di fatturato. Questo avviene tipicamente tramite campagne di comunicazione che tendono ad evidenziare gli indicatori d’impatto positivo dell’attività dell’impresa nei confronti dell’ambiente, ma senza alcuna verifica.

Anche nei confronti del degrado della natura il termine “greenwash”, coniato ultimamente dall’opinione pubblica americana, sta assumendo un peso simile a quello di “fake news”, un vero e proprio tecnicismo per mascherare le attività aziendali che non rispettano i requisiti minimi dei criteri ESG.

L’importanza dei prodotti di marca

Degrado della natura e impatto economicoSecondo Koinètica www.koinetica.it le marche stanno assumendo un ruolo nuovo e vengono riconosciute sempre di più come attori sociali non solo economici. Recentemente l’Osservatorio Civic Brands ha condotto una ricerca per analizzare la differenza tra quanto dichiarato dalle aziende e il loro effettivo comportamento. 

Il consumatore è oggi molto più attento nel giudicare un’azienda. Il 43% dichiara di aver smesso di comprare alcuni prodotti o servizi perché deluso dal comportamento dell’azienda che li produce. Il 39% ritiene, invece, che sia compito dei brand incentivare comportamenti responsabili. Per il 63% degli intervistati le aziende devono agire in prima persona rispetto a questioni sociali rilevanti. La fiducia è un punto cruciale: il 67% ritiene ancora difficile capire se un’azienda è veramente responsabile. 

La questione dei criteri ESG è un tema molto caldo che in Europa viene ormai affrontato con molto impegno. Tuttavia, si sente la necessità di un una regolamentazione più chiara con norme condivise tra tutti i Paesi.

Paolo Brambilla

Scritto da Paolo Brambilla

Paolo Brambilla, bocconiano, ha seguito il mondo economico-finanziario per molti anni. Scrive di finanza, cultura e innovazione digitale su varie testate. E' direttore responsabile di Investopro.com e dirige l’Agenzia di stampa Trendiest Media www.trendiest-news.com. E' editor in chief di www.assodigitale.it

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