Vittime di violenza: storie di ordinaria quotidianità: si intitola così l’ultimo libro della psicologa Elisa Caponetti. “Ho deciso di scrivere su un argomento così forte per far comprendere la complessità del fenomeno”, ci ha detto l’autrice. “Purtroppo, ogni giorno assistiamo a fatti di cronaca delittuosi, dove si consumano agiti violenti, tra entrambi i sessi, in tutte le culture ed a tutte le età. L’aggressività fa talmente tanto parte dei nostri giorni che diventa difficile riconoscerla in tutte le sue forme e riuscire a ribellarsi”, ha detto ancora. Caponetti ha poi aggiunto: “Ho cercato di far comprendere che è davvero molto facile ritrovarsi a vivere situazioni di violenza. Attraverso il racconto di storie vere, spero che molte persone, leggendo il libro, possano acquisire maggior consapevolezza in merito alla loro condizione”.
In quest’opera, la scrittrice ha voluto dar voce a chi ha vinto e ce l’ha fatta, a chi è riuscito a superare pregiudizi e impedimenti di ogni tipo, a chi non ha mai smesso di combattere. Il suo auguro è che tutto ciò possa essere un esempio e dare un messaggio di speranza, di incoraggiamento ed incitamento a chiedere aiuto in tutti coloro che stanno affrontando criticità di questo tipo.
“Molto spesso si parla dell’autore del reato dando risalto al crimine commesso, ma raramente si studia e si dà voce alla vittima – ha spiegato Caponetti -. Il libro vuole offrire quindi non soltanto spunti di riflessione su questo complesso tema in chi come me svolge la propria attività in campo forense e criminologico, ma vuole avere anche l’ambizione di sperare di suscitare una qualche forma di consapevolezza in tutti coloro che si trovano a vivere una situazione di violenza (e purtroppo sono tanti) e che hanno difficoltà a riconoscerla o a chiedere aiuto”.
Non solo violenza sulle donne, ma anche violenza per le donne, come è accaduto nella Notte degli Oscar. Will Smith ha difeso sua moglie, che è stata derisa: da esperta come ha interpretato quella situazione?
Rispondere a una violenza subita con una violenza agita, non è mai la soluzione. Will Smith è stato sopraffatto dalle emozioni e non è riuscito ad agire un controllo su di esse. Il dolore e l’irritazione hanno preso il sopravvento non lasciando spazio al controllo che avrebbe imposto la gestione di una simile situazione. Al contempo, tutto ciò ha messo in risalto come la violenza può essere agita anche attraverso le parole ed è altrettanto forte e dirompente. L’abuso verbale agito da Chris Rock è stato altrettanto potente dello schiaffo dato da Will Smith
Si tratta di mascolinità ostentata e quindi malata?
No, non direi. Nel caso di Will Smith l’istinto ha preso il sopravvento dando libero sfogo agli impulsi. Tutto è avvenuto in modo estremamente veloce, senza riuscire ad elaborare la rabbia e a dare una risposta diversa mediata dalla razionalità
Il fatto che Jada Pinkett non abbia reagito ha supportato l’ipotesi che la donna è l’anello debole che ha bisogno di protezione?
Jada Pinkett ha reagito nel modo più consono. Se vogliamo, è stata, a mio avviso non l’anello più debole ma la persona più forte. Si è sottratta dalla modalità violenta agita da entrambi.
Violenza sulle donne, ma esiste anche la violenza sugli uomini. Che differenza c’è?
La violenza agita sugli uomini è spesso più sottile e silenziosa. Anch’essa può essere sia psicologica che fisica. Certamente è meno diffusa e il più delle volte meno fisica, ma esiste. La violenza non è un fatto di genere. Innanzitutto, occorre dire che le violenze perpetrate dalle donne ai danni degli uomini sono maggiormente di natura psicologica e avvengono sia all’interno dei rapporti di convivenza che una volta terminate le storie. Le donne che arrivano a compiere violenza fisica l’hanno comunque preceduta e accompagnata da quella psicologica.
Quali sono le forme più diffuse??
Tra le forme di vessazioni più diffuse agite sia sui compagni/mariti che sugli ex, sicuramente, ci sono lo stalking, le minacce e via via reati sempre minori. Spesso la donna si macchia di calunnia nei confronti dell’uomo semplicemente perché bramosa di ritorsione e di vendetta. Questo è un aspetto tipico soprattutto della violenza femminile ed è molto più accentuato rispetto all’altro sesso. È proprio il bisogno di rivalsa unito al senso di possessione che contraddistingue l’agire femminile.
Si è abituati a pensare in modo stereotipato e convenzionale che l’invasamento e la possessione siano un qualcosa che appartenga tipicamente all’uomo, ma in realtà non è così, essendo invece una caratteristica anche, e ancor più, femminile.
Spesso, nelle donne che vengono lasciate, subentra una sorta di vendetta e di ripicca che si attiva nei confronti degli uomini che si sono permessi di abbandonarle lasciandole sole, magari scegliendo anche altre donne, considerando tutto ciò un affronto gravissimo. Ed è così che si innescano continue forme di angherie e violenza, fatte di agiti diversi, dallo stalking, al disturbo continuo, alle telefonate anonime, ma anche alle minacce da parte di terzi, cosa che generalmente nell’uomo non avviene. Inoltre, nelle donne, vi è una sorta di competizione anche nei confronti di colei che diviene la nuova compagna dell’ex, che è qualcosa di veramente diabolico, spesso anch’ella oggetto di persecuzione. La donna innesca un meccanismo psicologico legato alla competizione tra donne andando a violare completamente la libertà dell’uomo.
Che consiglio dà a chi vive una situazione di violenza?
Uscire dalla spirale di violenza è possibile ma per le numerose dinamiche in gioco è estremamente difficile. Bisogna rompere il silenzio, denunciare subito e rivolgersi a professionisti specializzati
A chi invece è il carnefice in queste situazioni, cosa potrebbe consigliare?
Di farsi aiutare. Da anni, si studia come mettere in atto una possibile riabilitazione del maltrattante. E’ a partire dagli anni 70 che si sono sviluppati nel mondo diversi modelli di trattamento per autori di violenza. Allo stato attuale ci sono diverse esperienze incorso (percorsi di riabilitazione vari, il centro uomini maltrattanti, ecc.). E sono diversi gli studi in atto. Certamente non è affatto facile ma occorre fare il possibile per tentare la riabilitazione.
C’è differenza tra violenza episodica e violenza costante e regolare?
Intanto occorre dire che si tratta sempre e comunque di agiti violenti. Spesso c’è una gradualità fatta di tanti importanti preludi e la violenza episodica può diventare poi nel tempo costante e regolare
Cosa spinge a essere violenti?
Occorre fare una premessa per evitare di cadere in facili stereotipi e generalizzazioni: le persone violente non sono tutti uguali e non lo sono tutti allo stesso modo. Ciò già fa capire la complessità del fenomeno e rende impossibile poter rispondere in modo univoco. Non è possibile tracciare un profilo psicologico unico di chi agisce violenza. Cambiano gli agiti violenti e le persone non sono tutte uguali. La violenza va sempre ricerca individuando i fattori relazionali, storici, culturali, simbolici, psicologici che caratterizzano ogni determinata, singola storia e atto di violenza.
E cosa spinge, come spesso accade, a giustificare la violenza del partner?
L’autore di violenza adduce la responsabilità dei suoi agiti alla vittima ritenendola responsabile di aver provocato tali reazioni e spesso la vittima collude con tale lettura dei fatti ritenendosi responsabile di averli attivati, oltre chiaramente alla paura di uscire da quella relazione, al timore di poter perdere i figli laddove presenti e alla difficoltà nel riuscire a superare i sensi di colpa
Si entra, secondo lei, nel vortice della dipendenza affettiva?
Sì, anche, ma non tutte le situazioni di violenza vengono agite all’interno di una relazione basata sulla dipendenza affettiva
La tv, secondo lei, affronta in maniera corretta il tema dei rapporti di coppia? Pensiamo a programmi qualiUltima Fermata, Temptation Island, che portano il tradimento in tv, che accendono i riflettori su storie malate: è un bene o un male?
Il grande successo di programmi come Ultima fermata e Temptation Island sta nel riuscire a rappresentare i problemi che molte coppie spesso prima o poi si trovano a dover affrontare, tradimento compreso. Sono storie comuni in cui molti possono rispecchiarcisi. L’amore poi, nelle sue tante sfaccettature appassiona sempre tanto ed ha un grande impatto sulle persone. Le coppie che partecipano a questo tipo di reality in comune hanno il fatto che stanno tutte vivendo un punto nodale del proprio rapporto, che da soli, per mille differenti motivi, non vogliono o non riescono ad affrontare.
Catapultati in una diversa realtà, tolti dalla routine e dagli impegni quotidiani, si è obbligati a fare un viaggio dentro i propri sentimenti e giorno dopo giorno diviene più difficile non raccontare a sé stessi e all’altro, cosa si prova e si vuole veramente e così smettono di raccontarsi bugie o nascondersi dietro una inappagante quotidianità. Può essere quindi un bene nella misura in cui lo spettatore riesce ad acquisire consapevolezza riguardo la sua stessa situazione sentimentale. È un male, nel momento in cui diviene tutto solo spettacolarizzazione e si possono cogliere facili soluzioni.
Programmi di questo tipo possono rappresentare un’esperienza molto forte che costringe a vedere la realtà per come è veramente anche se per lungo tempo, pur conoscendola si è finto di non volerla cogliere. Bisogna inoltre considerare che la verità viene sbattuta violentemente in faccia di fronte a milioni di telespettatori, a sé stessi, ai propri familiari e ai propri amici. Rivolgersi ad un professionista, aiuta ad acquisire una reale consapevolezza delle proprie emozioni e dei propri vissuti e ad attivare il vero cambiamento non dettato soltanto da un impulso generato da quanto vissuto nei giorni del reality.
Quali sono secondo lei gli ingredienti per un rapporto di coppia sano?
Sono sicuramente diversi: un continuo investimento sulla relazione senza mai dar nulla per scontato. Il non attribuire all’altro la responsabilità della propria felicità. Mantenere attivo uno spazio di comunicazione, intimità e complicità. Accettare l’altro per come realmente è, il desiderio di condividere insieme una progettualità, riuscire ad essere se stessi e conservare una propria individualità, mantenendo al contempo un equilibrio tra gli spazi di coppia e quelli individuali.
E poi?
Fondamentalmente sono tre le dimensioni fondamentali che vanno ad articolare un sentimento d’amore in modo equilibrato. E sono legate al piacere (nel momento in cui avverto un desiderio di te), all’affetto (legato al sentimento, all’esclusività per cui io sto bene insieme a te e non con una qualsiasi altra persona) ed alla stima (io scelgo te tra mille altri, ti apprezzo per come sei). La relazione funzionale avviene ogni volta che si riesce a stare insieme all’altro, rimanendo però centrati su sé stessi, mantenendo la propria autonomia, libertà ed indipendenza. Ovvero, è una maturazione emotiva e non dipendente dall’altro. Tutto ciò si raggiunge soltanto nel momento in cui si sta bene con sé stessi, solo così si può poi stare bene anche con l’altro. I due partner che creano la coppia mantengono in tal modo, peculiarità e, al contempo, anche le loro diversità.