“Gentile Avvocato, seguo sempre con interesse la sua rubrica e ho una domanda da porle. I rapporti con una delle mie figlie si sono deteriorati dopo che ha iniziato a frequentare il suo nuovo compagno, con cui è andata a convivere da circa otto mesi. I due vivono in un appartamento sul mio stesso pianerottolo, che io ho donato a mia figlia alcuni anni fa. Da quando ha iniziato la convivenza con il nuovo compagno, i litigi con mia figlia sono all’ordine del giorno, subisco da lei ripetute offese verbali, rumori molesti e musica ad alto volume anche in ore notturne, sottrazione della posta dalla buca delle lettere, solo per farle alcuni esempi. Prima questi fatti non avvenivano, ma so per certo che è mia figlia a commetterli per ripicca (me lo ha confermato lei stessa, si immagini che sfrontatezza!) e sono molto turbata. Ho già presentato denunce e ci sono dei procedimenti penali, ma volevo capire: è possibile che mia figlia continui a stare nella casa che le ho dato in donazione nonostante mi faccia tutto questo?”
Cosa dice la legge in merito alla donazione
Cara lettrice,
in primo luogo, mi permetta di manifestarle il mio dispiacere per la triste vicenda che è costretta a subire. Venendo alla Sua domanda, Lei mi chiede se si possa fare qualcosa per la donazione che aveva disposto in favore di Sua figlia.
La risposta risiede nell’art. 801 codice civile, secondo cui è possibile che il donante revochi la donazione, in caso di ingratitudine di chi l’ha ricevuta (chi ha ricevuto, nel linguaggio giuridico, è chiamato donatario).
Non è però sufficiente una qualsiasi ingratitudine, in quanto l’art. 801 individua alcune ipotesi tassative. Nello specifico, la revocazione della donazione per ingratitudine è possibile solo nei seguenti casi: 1) taluni gravissimi reati commessi dal donatario nei confronti del donante (omicidio, tentato omicidio, alcune ipotesi di calunnia), 2) ingiuria grave del donatario in danno del donante, 3) grave pregiudizio arrecato dal donatario al patrimonio del donante, 4) rifiuto del donatario degli alimenti in favore del donante, laddove dovuti.
Nel Suo caso, l’ipotesi che interessa è quella che consente la revocazione della donazione in presenza di una grave ingiuria del donatario.
Una recente decisione della Suprema Corte di Cassazione (Cass. 9055/2022), infatti, ha ribadito che la grave ingiuria, richiesta dall’art. 801 cc, consiste, genericamente, “in un comportamento suscettibile di ledere in modo rilevante il patrimonio morale del donante ed espressivo di un reale sentimento di avversione da parte del donatario, tale da ripugnare alla coscienza collettiva”.
Prosegue la stessa decisione affermando che il presupposto dell’ingiuria grave “può essere desunto da accadimenti che, per il contesto in cui si sono verificati e per una situazione oggettiva di aspri contrasti esistenti tra le parti, possono essere ricondotti, come nel caso di specie, ad atti persecutori espressione di quella profonda e radicata avversione verso il donante, che costituisce il fondamento della revocazione della donazione per ingratitudine” (nello stesso senso anche Cass. n. 20722/2018, n. 22013/2016, n. 7487/2011).
Dunque, cara lettrice, al di là della possibile rilevanza penale dei fatti commessi da Sua figlia e dal suo compagno, quelli da Lei descritti paiono elementi sufficienti per chiedere una revocazione della donazione per ingratitudine, considerato che si tratta di comportamenti gravi, reiterati e che vanno avanti da diversi mesi. Se la domanda di revocazione venisse accolta, Lei potrebbe riavere la disponibilità dell’immobile a suo tempo donato e allontanare così da Lei Sua figlia e il suo convivente.
Per completezza, Le segnalo tuttavia che la domanda di revocazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di un anno, decorrente da quando il donante ha avuto conoscenza del motivo di revocazione. E’ quindi necessario agire con rapidità, per non perdere questo diritto.