L’8 marzo ha il volto delle donne ucraine. Oggi, nella Giornata Internazionale della Donna, non si può che rivolgere a loro il nostro pensiero. Perché l’8 marzo non è la “Festa delle Donne”. Che ci sarà mai da festeggiare, poi? No, questa giornata deve essere l’occasione per riflettere su quanto abbiamo costruito in questi anni ma, soprattutto, sui passi che ancora vanno fatti. E oggi più che mai, mentre imperversa il combattimento tra Russia e Ucraina, deve essere il momento di chiedere con forza il cessate il fuoco, per salvare ciò che resta della vita di queste donne (e dei loro uomini).
Al settimanale Mio, la giornalista e conduttrice tv Rosanna Cancellieri ha dichiarato: “L’8 marzo, oramai, è una sorta di ritualità di cui non abbiamo bisogno. C’è, invece, bisogno di una quotidiana presa di coscienza di cosa significhi essere donna oggi, in questa società dove ancora regnano discriminazione e non parità dei diritti”. Cancellieri ha poi aggiunto: “Essere donna significa essere combattenti”. E mai come in questo momento storico le donne ucraine, ma anche quelle russe, stanno dimostrando di esserlo.
Donne prede di stupri e sevizie, crimine collaterale dell’invasione bellica.
Donne che piangono i propri figli, i propri mariti, i propri fratelli e le proprie sorelle caduti in guerra.
Donne in fuga dalle bombe, che appiccicano adesivi con il gruppo sanguigno sui vestiti dei loro figli, previdenti e riflessive nonostante la paura.
Donne che combattono in prima fila o nelle retrovie per difendere il proprio Paese.
Donne che si prendono cura amorevolmente dei soldati prigionieri.
E donne, piccole, appena adolescenti, che tra le mura di un freddo bunker intonano la colonna sonora di un film di animazione per distrarre i bambini e i propri coetanei, regalando loro un pizzico di normalità.
Mettere la donna al centro
Ma come non citare la controparte? Donne, in Russia, che sfidano “la legge” per protestare in piazza contro la guerra, col rischio di essere arrestate.
Donne, come Elena Kovalskaya, direttrice del Meyerhold Center, il teatro statale di Mosca, che lasciano il proprio incarico di prestigio in segno di protesta.
Donne, ucraine e russe, accomunate da un unico sentimento: la resilienza, che le porta ad assorbire l’urto della vita senza “rompersi”, ad affrontare e superare questo momento di terrore, di morte, di distruzione con la forza e la dignità che solo una Donna ha.
Perché le donne, grandi assenti ai tavoli in cui la guerra di decide e si contratta, sono le prime vittime laddove la si subisce. E allora, in questo giorno di riflessione, e non di festa, la speranza è che il popolo femminile venga messo al centro delle discussioni con l’intento di contrapporre il coraggio, la resilienza e il senso di protezione che lo caratterizza agli atti di violenza e morte che stiamo vivendo.
Perché, a volerla buttare sull’ironia, che salva sempre, anche nei momenti più duri, come recitava un vecchio meme: “Se il mondo fosse governato da donne, non ci sarebbero guerre. Al massimo solo Paesi che non si parlano”.